Percorrendo la strada che da Campiglia Marittima porta a San Vincenzo, in Val di Cornia, alle spalle del promontorio di Piombino, si incontrano le indicazioni per il Parco Archeominerario e la Rocca di San Silvestro (di Cristina Risciglione e Renato Corpaci).
L’area del Parco – 450 ettari di interesse storico, archeologico, geologico e naturalistico inserita nel contesto della Val di Cornia – è ricca di “solfuri”, minerali formatisi circa cinque milioni di anni fa dalla reazione tra il magma risalito dalle profondità della terra e i calcari. I solfuri contengono zolfo legato a metalli quali rame, piombo, argento, ferro e zinco.
L’abbondanza di questi composti metalliferi ha determinato una intensa attività estrattiva, tra l’Isola d’Elba e il Monte Amiata, iniziata nel VII secolo a.C. e continuata fino ai giorni nostri.
Nel periodo etrusco, l’attività mineraria era controllata da gruppi gentilizi legati alla vicina città di Populonia. In decadenza a partire dal primo secolo a.C. fino alla conquista da parte dei Longobardi, i pochi superstiti etruschi fondarono quella che oggi è la città di Piombino.
Rocca di San Silvestro
Sorto fra il X e l’XI secolo per iniziativa signorile dei Conti della Gherardesca, per sfruttare i giacimenti di rame e piombo argentifero, destinati alla produzione monetaria delle zecche toscane, l’antico agglomerato della Rocca di San Silvestro rappresenta, in un certo senso, il primo villaggio aziendale della storia.

















Abitato da minatori e fonditori – conosciuto originariamente come Rocca del Palmento (per la probabile presenza di un frantoio) – San Silvestro è appartenuto nei successivi secoli (XII-XIII) alla famiglia Della Rocca. L’attività si svolgeva lungo i cunicoli di circa 200 miniere, sia di quelle del periodo etrusco che di quelle medievali.
Tra le rovine del borgo si riconoscono le abitazioni, la chiesa, il cimitero, la zona signorile e l’area industriale. La Rocca di San Silvestro ha ospitato per oltre trecento anni minatori e fonditori dediti allo sfruttamento dei giacimenti
L’abbandono, avvenuto nel corso del ‘300, fu la conseguenza del cambiamento di paradigma economico nel campo delle risorse minerarie.
Nel corso del XIV secolo, Cosimo I De’ Medici, Granduca di Toscana, s’interessò nuovamente di questo territorio e dell’argento conservato nel sottosuolo.
Cosimo chiamò dal Tirolo i Lanzi – da cui il nome della valle – per la loro competenza in campo minerario. Tuttavia, difficoltà tecniche nella separazione dei vari metalli presenti nel materiale di risulta li indussero ad abbandonare la zona nel 1559.
Miniera del Temperino
Tutto ricominciò nell’XIX secolo, ma solo fino al 1970. I vecchi edifici minerari ristrutturati, oggi ospitano, oltre ai servizi di accoglienza, il Museo Mineralogico e Archeologico e il Museo della Miniera.










Lunga 360 metri, la perforazione della galleria del Temperino è stata intrapresa da una compagnia mineraria francese a metà del 1800, andando ad intercettare in profondità gli scavi di epoca etrusca.
In tempi recenti, i minerali estratti negli enormi cantieri sotterranei venivano caricati sui vagoncini e trasportati lungo la galleria, fino a raggiungere gli impianti di frantumazione e flottazione di valle Lanzi e al sentiero che conduce al villaggio medievale della Rocca di San Silvestro.
La visita alla Miniera del Temperino permette, grazie ad un percorso attrezzato, di scoprire la millenaria attività estrattiva che dal periodo etrusco si è protratta fino agli anni Settanta del Novecento.
Per maggiori informazioni sulla Rocca di San Silvestro: Centro di accoglienza