Enogastronomia in Romagna

Quando si usa il termine enogastronomia in Romagna si parla di una cura maniacale nell’elaborazione di piatti a base di prodotti del territorio e una scientifica applicazione di tecniche enologiche per trasformare vitigni nativi – sviliti da anni di pratiche commerciali dozzinalinei vini ricercati dai sommellier internazionali più raffinati.

Il Palazzo Comunale di Bertinoro con la piazza che affaccia sul Balcone di Romagna e la sottostante Ca del Be’

La parola “Romagna”, evoca l’immagine di una riviera spensierata, sovrappopolata di vacanzieri festaioli e famiglie con bimbi; discoteche, fritto misto e vino a buon mercato servito in caraffe che volano tra i tavoli imperlate di condensa; profitterol e coni gelato.

A ridosso di questa terra dei balocchi, esiste un territorio collinare, costellato di antichi borghi e rocche medievali, intorno a cui prospera un’agricoltura raffinata, con vaste coltivazioni a frutteto e vigneti e una spiccata propensione enogastronomica.

Circoscritta tra i comuni di Bertinoro, Castrocaro Terme, Forlimpopoli, Meldola e Predappio – riuniti sotto il brand territoriale Borghi e Rocche di Romagna – quest’area ostenta una campagna curata a somiglianza della campagna toscana, borghi medievali con una significativa tendenza all’ospitalità, una cucina regionale gustosa e raffinata e cantine vinicole che non sfigurano di fronte alle gîtes e all’hôtellerie di charme collegate alle più rinomate etichette francesi.

La recente alluvione che ha interessato la Romagna, e perciò anche queste zone, ha lasciato uno strascico di danni rimediabili e alcune cicatrici difficilmente rimarginabili. La popolazione delle aree colpite si è data da fare a ricostruire, risanare, ripristinare. Ci stanno provando. Abbiamo trovato delle persone gioviali e simpatiche. A poche settimane dal nubifragio, la proverbiale ospitalità era già dispiegata ad accogliere chiunque intenda rifarsi gli occhi con una natura coltivata e prospera e curarsi l’animo con delizie enogastronomiche particolari e uniche.

I vini

Infatti, i vini locali, sdoganati dalla fama di essere vini un tanto alla damigiana – da quando la cantina Fattoria Paradiso negli anni ’60 creò la prima Riserva in assoluto di Sangiovese (Vigna delle Lepri) – oggi si fanno apprezzare in eccellenza per alcune caratteristiche uniche, come la sapidità dovuta alla presenza nel sottosuolo di una roccia calcarea chiamata “spungone”, dalle caratteristiche supplementari dei vari suoli, e dalla soggettiva interpretazione dei vignaioli.

In effetti, qui il Sangiovese e l’Albana DOCG (vitigno che si evidenzia per gli zuccheri – ovvero dal grado alcolico elevato – per acidità e aromaticità) si dividono in “sottozone”, a seconda del comune in cui si trova la vigna, estrema conseguenza di un campanilismo tipicamente italiano – che in queste lande raggiunge apici di fervore notevolissimo – ma anche opportunità per apprezzare le sfumature di un gusto raffinato.

Di fatto, la sede per la propria vacanza può essere stabilita in base, non solo al tipo di vino favorito, ma alla cantina.

Bertinoro

L’ospitalità, inscritta nel dna di Bertinoro, è rappresentata in piazza da una colonna con dodici anelli. La storia tramanda che i cittadini delle famiglie più illustri si contendessero i viandanti di passaggio in cerca di un rifugio per la notte, forieri di notizie e di storie inedite da raccontare di fronte al camino. Per evitare discussioni su chi fosse legittimato a ospitare, fu orchestrato questo stratagemma. Lo straniero che avesse legato il proprio cavallo all’anello che si sapeva corrispondente a una data famiglia, sarebbe stato ospitato per la notte in quella casa.

Costruita intorno all’anno Mille, la Rocca di Bertinoro è sede di un Centro di Alta Formazione in collegamento con l’Alma Mater Studiorum (UNIBO), nonché di un Centro Residenziale Universitario. Nei locali delle antiche carceri è ospitato un museo interreligioso dedicato alle tre religioni monoteiste. Nelle sue fondamenta è visibile una cisterna cinquecentesca per la raccolta dell’acqua piovana.

Un po’ più sotto, Palazzo Ordelaffi, sede del Consiglio comunale, si affaccia su piazza della Libertà e sul celebre “Balcone di Romagna”, da cui si può spaziare con gli occhi fino alla Riviera (distanza 40 km). Da questo balcone, il tocco della “Campana dell’Albana” da il La all’inizio della vendemmia.

La cattedrale è adiacente al palazzo. Priva di una vera e propria facciata, il portone principale della chiesa dà su un passaggio pedonale che condivide con il potere amministrativo.

L’abbazia delle Clarisse Francescane Missionarie del SS. Sacramento è un lindo monastero risalente al Medio Evo, fondato dai frati camaldolesi nel XV secolo.

L’Albana in purezza DOCG I Mezzi, si affianca ai vini della cantina Fattoria Paradiso; l’Albana “I Croppi” (cantina Celli), dal «raffinato profilo olfattivo di ginestra, acacia e frutti tropicali», ha accompagnato un generoso tagliere alla Ca del Be’.

Jacopo Pezzi Melia, enologo di Fattoria Paradiso

Degustati in cantina: il Muffato “Gradisca” e l’Albana “I Mezzi” ma, soprattutto, il “Barbarossa”, il cui vitigno è stato salvato dall’estinzione nel 1955 da Mario Pezzi, padre degli attuali proprietari della Fattoria Paradiso, e oggi vitigno esclusivo della tenuta.

I Cappelletti di ragù in crema di parmigiano reggiano dell’Enoteca Colonna Panorama ci hanno sbalordito per il loro gusto, corredati da un Romagna Doc Sangiovese ‘Bertinoro’ Girapoggio.

Meldola

La piazza principale di Meldola dedicata a Felice Orsini è caratterizzata dalla presenza del Palazzo Aldobrandini, dal doppio loggiato rinascimentale. Sul fondo della piazza, in opposizione al Palazzo Comunale, Palazzo Doria Pamphili, casa natale dell’Orsini, il rivoluzionario che, il 14 gennaio 1858, per attentare alla vita di Napoleone III, compì una strage a Parigi e trovò la morte sulla ghigliottina.

Meldola, Galleria Luigi Michelacci, Maestro di Meldola, Ultima Cena, Salita di Cristo al monte Calvario

L’ex Chiesina dell’Ospedale – oggi Galleria Michelacci, adibita a spazio espositivo – ospita i resti di alcuni affreschi quattro-cinquecenteschi di un Maestro di Meldola sul tema della passione di Cristo.

Tra i luoghi salienti della città, si annovera il Teatro Gian Andrea Dragoni, un locale a ferro di cavallo, con tre ordini di palchi, che vide il primo spettacolo nel 1838. Notevole il rosone centrale, attorniato da delicate decorazioni. È attualmente operativo, gestito dall’Amministrazione comunale in collaborazione con “Accademia perduta – Romagna teatri” di Ravenna e Forlì, e ospita compagnie teatrali da tutta la Penisola.

L’Arena Hesperia fu un punto di riferimento per il commercio dei bachi e della seta fino al primo XX secolo.

Risalente all’anno 1000, nel corso dei secoli della sua travagliata storia, la Rocca di Meldola – all’imbocco della Vallata del Bidente, direttrice viaria tra le più importanti tra l’Italia Settentrionale e l’Italia Centrale – è stata oggetto degli appetiti dello Stato Pontificio che la conquistò e la perse– ma mai militarmente – alternativamente, ad opera delle famiglie più altolocate della zona.

La sua attuale conformazione è frutto di numerosi rimaneggiamenti, alcuni visibili, come i merli ghibellini inglobati nell’ampliamento rinascimentale di quello che, dal 1500 in poi si chiamò “il Palazzo”.

Castrocaro Terme e Terra del Sole

Al pari di Sabbioneta e Palmanova Terra del Sole è una “città-fortezza” voluta da Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana (1519-1574), all’altezza delle più avanzate strategie difensive dell’epoca.

Le mura circondano le abitazioni disegnando un rettangolo per circa due chilometri: ai quattro angoli i bastioni di Sant’Andrea, S. Martino, Santa Reparata, Santa Maria.

Terra del Sole fu città capoluogo provinciale della Romagna fiorentina, vi veniva esercita l’amministrazione delle giustizia civile e criminale, non solo contro i banditi, ma per ogni tipo di reato.

Due fortezze furono edificate a guardia degli ingressi al Borgo: Il castello del Capitano delle Artiglierie a difesa della Porta Fiorentina e il Castello del Capitano di Piazza o del Governatore dalla parte “romana”.

Due edifici più importanti si fronteggiano nel borgo, al centro della fortezza: La chiesa di Santa Reparata, a croce latina, e il Palazzo Pretorio, di Baldassarre Lanci, che conteneva il tribunale civile, il tribunale criminale e il carcere.

Sulla sinistra del fiume Montone, in posizione dominante, si trova la Rocca medievale di Montepoggiolo, un castello del XVI secolo, frutto dell’ampliamento di una torre del 900 d.C., nell’ambito della politica di rafforzamento dei confini portata avanti dai Medici.

Da sx, il responsabile delle Rocca; il castellano onorario Elio Caruso, e Francesco Billi, sindaco di Castrocaro

Aperta al pubblico per visite turistiche, nel Palazzo del Castellano, sede di un Museo Storico-Archeologico è ospitata un’enoteca di vini pregiati che serve piatti semplici a basa di prodotti locali.

L’abbondante buffet del pranzo è stato accompagnato da una degustazione di olio della tenuta Pennita della Famiglia Tumidei e dai vini Romagna Docg Albana Cleonice – Fiorentini; Romagna Doc Sangiovese ‘Castrocaro’ Fiorentini; Romagna Doc Sangiovese ‘Castrocaro ‘Tenuta Pennita’; Romagna Doc Sangiovese ‘Castrocaro’ Marta Valpiani.

Forlimpopoli

Fondata in origine, nel 150/160 a.C., come mercato lungo la Via Emilia (la strada fatta costruire dal console Marco Emilio Lepido per collegare Rimini con Piacenza) la città di Forlimpopoli ricava il suo nome dal latino, Forum Popilii, ovvero, mercato del console Publio Popilio Lenate che la fondò.

Milena Garavini, sindaco di Forlimpopoli

Nel XIII secolo, il conflitto di potere tra la famiglia ghibellina Ordelaffi di Forlì e lo Stato della Chiesa portò alla distruzione di una preesistente cattedrale (Santa Maria Popilia) e alla costruzione al suo posto di una fortezza, la Rocca Albornoziana, dal nome del generale cardinale Albornoz che rase al suolo la città e la fece erigere.

Oggi la Rocca è sede del Museo Civico, di diverse associazioni e di una Scuola di Musica Popolare, mentre nella corte – che in origine era l’interno della cattedrale, ancora scandito da arcate inglobate nella muratura nonché dalle basi delle colonne – in estate viene allestito un cinema all’aperto e si producono spettacoli musicali. Tracce della chiesa originale si trovano inoltre nel piano inferiore del museo.

Casa Artusi

Forlimpopoli è anche la città natale di Pellegrino Artusi, autore del volume La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (I edizione Landi, Firenze, 1891) 475 ricette dedicate ai due gatti di Artusi, Bianchino e Sibillone.

L’inserimento dell’indirizzo di casa dell’autore avvierà uno dei primi “social” della storia, dato che cuochi e casalinghe cominceranno a corrispondere con lui sull’argomento dell’arte culinaria. Il libro, arricchito di edizione in edizione con nuove ricette, passate al vaglio di Artusi insieme con il proprio cuoco personale Francesco e alla governante Marietta, nel’ultima edizione, la quindicesima, arriverà a contenere 790 ricette.

Alloggiato all’interno del complesso monumentale della Chiesa dei Servi di Forlimpopoli, la sede della Fondazione Casa Artusi, il centro culturale dedicato alla cucina domestica italiana ospita la biblioteca di Pellegrino Artusi, successivamente arricchita di volumi sempre strettamente legati all’argomento culinario e una ricostruzione del suo studio fiorentino. In collaborazione con l’Associazione delle Mariette, la scuola di cucina eroga corsi per stendere la pasta e cucinare pesce e carni. L’aula magna è alloggiata nella chiesa del complesso, tutt’ora consacrata.

Andrea Erbacci, chef del ristorante di Casa Artusi

La cena, nel ristorante di Casa Artusi, a base di “Tajadèla al ragù”, Coppa di Mora, insalata arrosto, ravanelli fermentati, purè di sedanorapa e, per finire, Gateau a la Noisette, nocciole, caffè, caramello salato, è stato accompagnata da Frabòsco, Sangiovese di Romagna della cantina Casetta dei Frati.

Decalogo di Pellegrino Artusi

1) Rispettate gli ingredienti naturali
2) Usate ingredienti di qualità
3) Usate ingredienti di stagione
4) Siate semplici
5) Mettete passione, siate attenti e precisi
6) Esercitatevi con pazienza
7) Variate, ma rispettando il territorio e la stagionalità
8) Se variate, fatelo con semplicità e gusto
9) Valorizzate la cucina povera
10) Diffidate dei libri di cucina (anche del mio…)

Predappio

La visita a Predappio parte doverosamente dalla casa natale di Benito Mussolini, dove oggi si organizzano mostre a tema. A questo comune va stretto lo stigma di “città del duce”, lo scomodo cittadino del cimitero cui ogni anno, in occasione del compleanno, gruppi – a dire il vero, sempre più ristretti – di fanatici nostalgici tributano onore, una lacrimuccia e saluti romani fuori ordinanza.

Un passato da cui Predappio prenderebbe volentieri le distanza.

Ovviamente, la storia non si può cancellare. Specialmente in un borgo che, per il breve tempo di un ventennio, fu considerato città modello, delle cui architetture il regime si faceva vanto.

L’urbanistica del paese, progettata dall’architetto Florestano Di Fausto è contraddistinta da alcuni edifici di riferimento: la casa del duce (ovviamente), la chiesa dedicata a Santa Rosa da Lima, con la statua della Santa in legno di pero e i mosaici, e la scuola materna annessa; il teatro Politeama, Palazzo Varano (ex scuola in cui insegnava Rosa Mussolini, oggi sede del Municipio), la chiesa di Sant’Antonio, la Caserma Bonsignori, la “Casa dei Sanitari” e la Casa del Fascio.

Luca Lambruschi – Vice Sindaco e Assessore con deleghe a Pubblica Istruzione, Cultura, Associazioni

Interessante, all’interno della scuola materna, la vicenda del dipinto ceramico La Madonna del Fascio, salvato dal furore iconoclasta che seguì la caduta del regime dalla madre superiora, che coprì la parte incriminata con un mazzo di rose, ribattezzando il dipinto Madonna delle rose.

Sovrastata dalla Rocca delle Caminate di Meldola, 110 ettari di cui 65 coltivati a vigna, dedicati alla produzione biologica di 150.000 bottiglie di Sangiovese, la tenuta di Francesco Condello ha di fatto cambiato i connotati alla valle. Il visionario proprietario ha portato un angolo di Francia sulle colline di Predappio. Borgo Condé Wine-Resort è un “agriturismo diffuso” che ha trasformato questa valle delle colline romagnole in un’opera d’arte ambientale.

Pur avendo a disposizione 65 ettari di vigna, quando nella pianura da Rimini a Piacenza, è normale raccogliere 250 quintali di uva/ettaro, il Borgo produce artigianalmente 25-30 quintali di uva/ettaro.

Francesco Condello, vignaiolo.

Nei vigneti della Condé si raccolglie un singolo grappolo per pianta di vite. Ecco perché la produzione della Condé viene distribuita nei 42 paesi che acquistano il vino della casa vinicola, “per assegnazione”. Ovvero, la produzione della cantina é prenotata prima di essere completata, un anno con l’altro.

La struttura è rappresentata da un borgo centrale dove sono dislocati i servizi principali: 19 camere, bistrot, ristorante gourmet, spa, piscina; ville, sparse per il vigneto, che contengono altre venti camere, per un totale di 39 camere, e un’osteria tipica, dedicata alla cucina romagnola.

La Condé propone i propri vini, tra cui il Rosé, dal «profumo fresco e intenso di frutta e fiori» e il Predappio Sangiovese MGA, «dal colore rubino profondo […] sorretto da una vena acida e da una fresca mineralità», da degustare nel Bistrot dell’azienda, di fronte a un generoso e suggestivo tagliere di prodotti del teritorio.

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