Con Jheronimus Bosch e un altro Rinascimento, a Milano, Palazzo Reale dedica al pittore olandese una mostra, frutto del progetto quinquennale condotto da un’eccezionale triade di curatori (di Renato Corpaci).

In questi giorni, Milano può vantare ben due mostre fuori dell’ordinario dedicate ad artisti che spaziarono al di fuori anche delle normali concezioni dell’arte nel loro tempo. Uno è Max Ernst, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi.
L’altro è Jheronimus van Aken (1453 – 1516), più noto come Hieronymus Bosch, dal paese in cui era nato – s-Hertogenbosch, (Boscoducale), un comune olandese, capoluogo del ducato del Brabante Settentrionale – uno dei maggiori rappresentanti della scuola pittorica olandese.
La poetica di Bosch è fatta di visioni oniriche, apocalittiche e aberranti, creature ibride, figure fantastiche e scene caotiche e grottesche.
Queste stimolano la parte più recondita e inconscia dell’animo umano – che ci spaventa e ci attrae – fatta di inquietudini, sogni e incubi, coerentemente con il periodo storico di riforme, controriforma e inquisizione, in cui il potere religioso scatenava nel popolo superstizioni e terrore.











Nei psichedelici anni ’70 del Secolo Breve, alcuni studiosi ipotizzarono che Jheronimus potesse aver dipinto le sue elaborate visioni in preda alle allucinazioni indotte da piante stupefacenti come mandragola e belladonna.
La tesi della mostra, Jheronimus Bosch e un altro Rinascimento, è tuttavia la dimostrazione di un Rinascimento alternativo a quello classico fiorentino e romano, fino a ora poco riconosciuto, anche se sempre stato sotto gli occhi di tutti, nel quale Bosch agì da catalizzatore. Una tendenza che riunisce artisti, fiamminghi ma non solo, che ricalcano lo stile del pittore di Boscoducale, o che hanno inserito elementi boschiani nelle loro opere, alcuni dei quali esposti nella presente esibizione per un raffronto diretto.
Le tavole di Bosch trovarono apprezzamento in Italia (nelle collezioni dei Cardinali veneziani Marino e Domenico Grimani, custodite dalla Galleria dell’Accademia) e in Spagna, dove dal XVI secolo fino ad oggi, si trova la gran parte delle opere principali di Bosch, fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial.
«Per quanto possa apparire strano, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre, dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale. Il ‘fenomeno Bosch’ ebbe infatti origine nel mondo mediterraneo, precisamente nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento.
«A quel tempo però in Italia dominava il classicismo rinascimentale. Ma sarà proprio qui che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troverà il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.» (testo dei curatori).











Nonostante la particolarità dei suoi soggetti e la scarsità delle sue opere, l’arte di Bosch proiettò la sua influenza su artisti contemporanei come Pieter Bruegel il Vecchio, ma anche Parmigianino, Gerolamo Savoldo, Battista e Dosso Dossi, Raffaello, Tiziano ed El Greco, tra gli altri. Infine, Breton asseriva che il capostipite del Surrealismo fosse da rintracciare proprio in Bosch.
Attualmente, soltanto 25 dipinti sono sicuramente attribuibili alla sua mano, oltre a otto disegni, mentre una mezza dozzina di opere sono imputate al suo studio. Questa scarsità di opere, insieme all’attrattiva esercitata dai soggetti raffigurati nei suoi dipinti, ne fanno un autore estremamente prezioso, di cui i musei sono viepiù riluttanti a prestare le opere.
Il progetto della mostra Jheronimus Bosch e un altro Rinascimento ha richiesto ai curatori cinque anni di studio e di trattative tra governi, ambasciate, musei, istituti culturali e collezionisti che hanno portato a scambi impegnativi: il Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, custodito dal Museu National de Arte Antiga di Lisbona, è stato prestato in cambio della Pala Trivulzio (nota anche come Madonna in gloria e Santi) di Andrea Mantegna del Museo del Castello Sforzesco; il Trittico dei Santi Eremiti della Galleria dell’Accademia di Venezia, in cambio della Madonnina col bambino di Giovanni Bellini. Altre cessioni sono avvenute con la promessa di future collaborazioni col Museo del Prado di Madrid e col Museo di Bruges. Il Museo del Castello Sforzesco ha infine fornito 22 opere e l’Automa Settala. Non trascurabile, inoltre, i fatto che alcuni dipinti lasceranno la mostra prima della sua conclusione per fare ritorno nelle loro sedi abituali.




I curatori – Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano – avanzano l’idea che il Rinascimento sia stato un movimento «polifonico», che nasce contemporaneamente in vari centri in comunicazione tra loro, emblematico anche di una certa Europa di cui, la stessa composizione della triade curatoriale è un indizio e un piacevole auspicio.
Per l’occasione 24 ORE Cultura ha pubblicato tre libri dedicati al maestro, tra cui il catalogo, nella veste di preziosa guida alla mostra, un grande volume d’arte a cura dei professori Bernard Aikema e Fernando Checa Cremades e, infine, una dissacrante graphic novel del giovane e talentuoso illustratore Hurricane. Volumi disponibili all’interno del bookshop della mostra, nelle librerie e online.
Jheronimus Bosch e un altro Rinascimento
Palazzo Reale di Milano,
A cura di: Bernard Aikema
Fernando Checa Cremades, Claudio Salsi
dal 9 novembre 2022 al 12 marzo 2023
Per maggiori informazioni: Palazzo Reale