Alla sala Bausch dell’Elfo Puccini, a Milano, dal 14 al 19 dicembre 2021 va in scena, da Fëdor Dostoevskij, Memorie del sottosuolo, nell’ adattamento drammaturgico di Marco Isidori che ne è anche regista. Una produzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa 2021 (di Renato Corpaci).

Davanti a una scenografia infernale, popolata di figure contemporanee che immaginiamo proiettate verso un ingannevole realizzazione personale, Paolo Oricco si lancia nella confessione delle confessioni, nel monologo che ha cambiato la prospettiva letteraria occidentale, spostandola dalla scena mondana in cui i romanzi descrivevano i personaggi, a uno scenario interiore, brutale e non edulcorato dalle convenzioni sociali, crudo e spietato, in cui si dibatte il protagonista.
Scritto nel 1854, Dostoevskij porta sulla scena letteraria quello che sarà il protagonista di numerosi romanzi novecenteschi: l’antieroe.
Memorie del Sottosuolo, che determina uno spartiacque anche nella produzione del Grande Russo – da Le Notti Bianche e Umiliati e Offesi, a I demoni, Delitto e Castigo e I Fratelli Karamazov – è un testo scostante al pari del personaggio che lo mette in scena.
Il Sottososuolo è una metafora di quello che, qualche anno dopo la sua pubblicazione, verrà definito “Inconscio” dai padri della Psicanalisi Freud e Jung.



Nell’adattamento di Marco Isidori, autore, attore capocomico e regista, fondatore della Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, di cui è direttore artistico dal 1984, Paolo Oricco, istrione, affabulatore, eccessivo, geniale, ci trascina nella confessione che sgorga dal “sottosuolo” di quell’unico protagonista sul palco. Un uomo spiritato, trasandato, nonostante la grisaglia d’abito in tre pezzi, con la capigliatura incolta e scarpe inappropriatamente bianche, supermolleggiate che straparla esponendo se stesso al pubblico ludibrio.
Ma, Ehi! Il testo è solo apparentemente Dostoevskijano. «Sono un uomo malato…» e vabbe’, fin qui il Russo. Ma subito, la musica prende un tono peninsulare e contemporaneo: «A me basta una pupa qualunque e tanta torta a colazione» E, a sentir bene, emergono più avanti, dallo sproloquio, echi che ci rimandano alla nostra realtà pubblica più attuale: «Non mi meraviglierei se, paff!, a un certo punto, come fungo nel campo di questo idillio collettivo, sbucasse qualche gentleman dall’aspetto così e così, mani sui fianchi vocione e panzone, prendesse a comiziare: “Popolo! Glielo vogliamo dare un calcio a tutto ‘sto mucchio di plasticosa ragionevolezza pubblica? Riprendiamoci il porco antico ma pimpante mondo della volontà privata!”
Scarpe che sarebbero più opportune a un personaggio dei cartoni. Scarpe che gli permettono, però, di occupare da solo tutto il palco, mentre saltella e si dimena inseguito dalle luci di Fabio Bonfanti e Paolo Scaglia, mentre si contorce davanti allo scenario/sipario Trionfo della Morte di Daniela Dal Cin, un’opera pittorica ispirata all’affresco quattrocentesco di Palazzo Abatellis a Palermo.
Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale al Teatro Gobetti di Torino il 16 novembre 2021 .
In questa confessione umiliante, che lo mette a nudo di fronte ai suoi ideali simili che immaginiamo inflessibili di fronte alla sua accidia, più indulgenti con se stessi, inconsapevoli delle carenze che sono lesti a riconoscere negli altri e, soprattutto, in lui, riconosciamo la nostra condizione umana di frustrati in balia di una sanità malata, di una giustizia impotente, di una istruzione ignorante, di una politica corrotta.
Fino alla battuta finale: «Passo e chiudo».
Il pubblico applaude la performance al limite del surreale di questo genio del palcoscenico. Un unico rammarico: che la mimica e la recitazione, forzatamente frenetica, impediscano di cogliere il testo nel radicale adattamento di Marco Isidori, nella sua interezza, a tratti smangiucchiato nell’impeto della recitazione.
«Ma del resto, sapete, io sono convinto che il “fratello“ del sottosuolo occorre tenerlo a freno. È capace di starsene zitto, per quarant’anni, nel sottosuolo, ma appena esce alla luce esplode e comincia a parlare, parlare, parlare…» (Fëdor Dostoevskij).
«Dentro di noi abbiamo un’Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare» (Carl Gustav Jung).
«I Marcido hanno voluto che il teatro mostrasse appunto che al gorgo altalenante della gioia e della disperazione, l’uomo non può sottrarsi. Certamente il Teatro, se deve portare un simile peso, non può accontentarsi dell’usuale canonica, deve, almeno tendenzialmente, fare lo sforzo di sporgersi oltre se stesso; magari rinunciando, magari fallendo, magari equivocando, comunque sempre tentando di mostrare quel che nella normale prassi delle scene, resta celato.» Marco Isidori.
Memorie del sottosuolo
da Fëdor Dostoevskij
adattamento drammaturgico di Marco Isidori
regia Marco Isidori
luci Fabio Bonfanti, Paolo Scaglia
sipario Trionfo della Morte di Daniela Dal Cin
produzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa 2021
A Milano, Elfo Puccini, sala Bausch, dal 14 al 19 dicembre 2021
Per maggiori informazioni: Elfo Puccini