Da oggi al Museo della Scienza e della Tecnologia, i Sette Savi di Fausto Melotti sono lì a rappresentare la profonda interconnessione tra Arte e Scienza (di Cristina Risciglione e Renato Corpaci).
L’immagine dei Sette Savi è una di quelle po-etiche leggende che ci provengono dalle tenebre del passato: dalla Grecia, culla della cultura occidentale.
I Sette Savi (οἱ ἑπτὰ σοϕοί) precedono i filosofi che ad Atene poi fonderanno le varie scuole filosofiche e “l’Accademia”. Sono i primi grandi pensatori.















Il numero sette si riferisce al valore sacrale che la cifra possedeva, in particolare nel culto di Apollo Elio, padre di sette figli e dio di quella sapienza religiosa delfica a cui la stessa tradizione dei savi sembra ricollegarsi.
La tradizione attestata dal Convivium septem sapientium, fra gli scritti di Plutarco, e quella di una “gara” di sapienza. Il premio, un tripode, opera di Efesto, che l’oracolo delfico assegna al più saggio dei Greci, e che i sette sapienti rifiutano di intestare a se stessi, se lo rimpallano finché, come soluzione della tenzone, il prezioso manufatto viene dedicato ad Apollo, come più sapiente fra tutti.
«Al confine tra la vita solare e la vita oscura, i filosofi sono lì a meditare e ogni tanto danno una voce verso il buio, affinando l’udito per ascoltare inavvertiti echi. Risponde la poesia». Fausto Melotti
Concepiti nel 1936 per la VI Triennale di Milano con il titolo Costante Uomo, gli elementi che componevano l’opera erano originariamente 12, in gesso, tutti con una mano scolpita in negativo sul cuore. Di questo gruppo, 5 andarono perduti. I restanti 7 ispirarono all’artista la similitudine con il motivo greco, suggerendo il titolo che mantengono attualmente nella versione in gesso oggi alla collezione del MART di Trento e Rovereto. In questa configurazione, nel 1960, sette statue commissionate all’artista dal Comune di Milano e realizzate in pietra di Viggiù furono collocate di fronte al Liceo Carducci di Milano, dove presto conobbero vari abusi e sparirono nei sotterranei della scuola.
Visibile all’esterno del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano è la versione del 1981, in marmo di Carrara.
I Sette Savi si compongono dunque di sette sculture stilizzate, vagamente antropomorfe, che si pongono in relazione tra loro e, insieme, in relazione con l’ambiente. Ognuna di loro è rivolta verso una gemella. Coerentemente con la tradizione filosofica, nessuna scultura è oggetto dello sguardo di due dei suoi simili.
Dopo un lungo percorso e il restauro a cura di SEA, le sculture approdano ora, a cura di Flavio Arensi e nell’allestimento di Michele De Lucchi, dal Liceo Carducci, al Primo Chiostro dell’antico Convento degli Olivetani, ora sede del Museo fondato da Guido Ucelli.
Destinazione concettualmente più che opportuna, in un epoca d’innovazione scientifica e tecnologica, a partire dal paradigma energetico e di conseguente reimpostazione dei processi economici e sociali. In questo contesto è importante «Generare una cittadinanza che possieda le conoscenze ma anche quote fondamentali dell’animo umano» (Fiorenzo Galli). Il che si esprime nella missione di questo Museo.
Nelle parole del neo-assessore Tommaso Sacchi, i Sette Savi di Fausto Melotti «Non è un bell’allestimento di un’opera importante per Milano, è un’operazione profondamente scientifica e culturale in contrasto con una forma di pregiudizio che vogliamo lasciarci alle spalle».
Per maggiori informazioni:
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci