L’oratorio di San Giacomo a Ossuccio, frazione Spurano, è il prodotto di un’edificazione e di integrazioni e aggiustamenti successivi avvenuti tra il X e il XII secolo, che hanno tuttavia preservato il fascino delle sue pietre (di Cristina Risciglione e Renato Corpaci).

Nel III secolo a.C., Ossuccio era una necropoli nell’area d’influenza del popolo celtico degli Auxucii (pron.: ossuci, Ausuciates in latino), aderente alla più grande etnia degli Insubri. Il clan è menzionato in una lapide romana del 2º sec. a.C. conservata nella chiesa dei SS. Agata e Sisinio. Da qui l’origine del toponimo.
Percorrendo in direzione Nord la Statale Regina (SS340), poco oltre il cartello stradale di Tremezzina e quello di Ossuccio, sul lato destro della strada, in località Spurano, si nota un campanile a vela che segnala, al di sotto del livello stradale, la presenza di un’antica chiesa romanica.
L’esterno
Si tratta dell’oratorio dei Santi Giacomo e Filippo, abbastanza incredibilmente costruito nell’angusto spazio tra la riva e il lago tra i secoli X e XII. Appoggiato cioè alla roccia sul lato sinistro; sul lato destro sospeso grazie a due archi che si immergono nelle acque del bacino lacustre.
Se dai documenti si riscontra che San Giacomo a Ossuccio assistette alla devastazione dell’antistante Isola Comacina (schierata a fianco di Milano contro Como nella storica Guerra Decennale – nell’anno 1169 l’isola fu rasa al suolo dai comaschi alleati del Barbarossa) la sua costruzione è altresì da datare intorno 1000. Dato che le pietre della campata occidentale sono posate con maggiore regolarità, si ipotizza un successivo ampliamento della chiesa nel XII secolo.













Anche l’abside è rimaneggiata, dopo un crollo. La sacrestia, aggiunta alla fine del XVI secolo, addossato al lato settentrionale, è stata poi eliminata nel XX. Permangono a sostegno e decorazione dell’abside archetti e lesene, tipici degli edifici di quest’epoca.
Il frontale suggerisce uno sviluppo a tre navate, ma è un’inganno. Archetti sono visibili sotto gli spioventi del tetto, appena al di sopra di una finestra a croce al centro della facciata e a due laterali finestre circolari. Il campanile a vela, visibilmente fuori misura, rispetto alle proporzioni dell’edificio, è stato aggiunto nel XIV secolo sullo spiovente di sinistra. Il portale è sormontato da un arco a tutto sesto.
Un secondo ingresso, oggi trasformato in una finestra, si apre sul lato settentrionale. Un ulteriore ingresso nel presbiterio, probabilmente corrispondente con la rimossa sacrestia, è stato invece definitivamente murato.
Nonostante questi maneggiamenti, a parte il campanile abnorme, San Giacomo a Ossuccio conserva un’aspetto abbastanza equilibrato nelle sue proporzioni.
L’interno
L’interno della navata, ad aula singola, contiene affreschi progressivamente aggiunti fino al secolo XVI. Lo stato di conservazione dei dipinti privilegia il lato Nord, rispetto a quello meridionale, più esposto al meteo e, non dimentichiamolo, con i “piedi” a mollo nel lago, quindi più soggetto a umidità di risalita.
Gli affreschi in miglior stato si sviluppano su due livelli: sopra, storie della Passione di Cristo. Sotto, scena da un banchetto biblico. A destra, si intravede un arcaico San Cristoforo, senza il Cristo sulle spalle.
Sull’arcone che divide il presbiterio dall’abside, appare un affresco raffigurante l’Annunciazione di Maria.

Secondo la critica, esiste una forte correlazione tra i dipinti di San Giacomo a Ossuccio e quelli del complesso di San Vincenzo a Galliano (Cantù), datati al 1007, collocando gli affreschi di San Giacomo nel filone della pittura tradizionale lombarda di quegli anni.
A metà della navata, al limite del presbiterio, una trave lignea poggia misteriosamente su due lesene semicilindriche, forse a sostegno dei muri perimetrali o propedeutica a un’iconostasi che non si fece mai.
All’esterno, sulla parete di sinistra in corrispondenza del portale trasformato in una finestra, un affresco rappresenta un uomo che legge un libro: forse un evangelista circoscritto da una nicchia dipinta.