L’Autunno non è solo stagione di vendemmia, ma anche di raccolta del riso e la trebbiatura è l’operazione mediante la quale la granella del riso viene separata dagli steli e dai peduncoli della pannocchia. Abbiamo seguito questa operazione nel territorio della cascina Kyrie, uno dei complessi agricoli più grandi della Lomellina.
Il riso è un cereale costituito dalla cariosside prodotta da diverse piante dei generi Oryza e Zizania. Le più note specie utilizzate sono l’Oryza sativa (da cui si ottiene il “riso asiatico”) e l’Oryza glaberrima (da cui si ottiene il “riso africano”). Dalla specie asiatica (Oryza sativa L) sono derivati tre tipi: Japonica, Indica e Javanica o Tropical Japonica.
Il più diffuso nelle nostre risaie (Japonica) è caratterizzato da un chicco corto e da un basso contenuto in amilosio (glucosio).
L’introduzione del riso, dalla Palestina, dalla Cisgiordania e dalla Siria, nel Bacino del Mediterraneo, si deve agli indiani, inizialmente in Egitto. Successivamente, nell’VIII secolo, gli arabi lo portarono in Spagna.
L’Italia, con oltre 230.000 ettari di risaie e una produzione di 1,475 milioni di tonnellate di riso (dati Ente Risi 2019), rappresenta il principale soggetto europeo e il ventisettesimo mondiale. La coltivazione è concentrata principalmente in un’area, a cavallo delle regioni Piemonte e Lombardia, nel triangolo Vercelli-Novara-Pavia. L’area è compresa tra i fiumi Sesia a Ovest, Po a Ovest-Sud-Ovest, e Ticino a Est. La disponibilità d’acqua ne fa, fin dai tempi più remoti, il territorio ideale per la coltivazione.












La Lomellina occupa una parte di questo triangolo, nella zona occidentale della Lombardia. Il primo documento che comprova la coltivazione del riso in questa zona è una lettera di Galeazzo Maria Sforza del 1475, ma la produzione su vasta scala dovrà attendere il primo decennio del ‘900.
La cascina Kyrie, che un tempo costituiva frazione a sé sulla via Francigena, lungo la strada per Vespolate, è un complesso agricolo tra i più grandi della Lomellina ed è sede dell’azienda agricola Cerere 81.
L’azienda si trova in provincia di Pavia, al confine con la provincia di Novara, e rappresenta un esempio di sostenibilità ecologico-ambientale. Ospita un Museo Agricolo Multimediale e un luogo di culto, la chiesa di Sant’Ignazio (XVII secolo), il che la rende anche un luogo frequentato per la celebrazione di matrimoni.
In quest’azienda, le fasi della produzione del riso, dalla prima acqua in risaia fino al chicco lavorato, sono seguite e controllate nel rispetto della natura, dell’ambiente e delle persone che ci lavorano: riducendo gli sprechi, diminuendo l’uso di pesticidi, utilizzando risorse provenienti solo da energie 100% rinnovabili.






Seminato in primavera, il riso giunge a maturazione in 140-170 giorni. Il raccolto del risone (riso grezzo) avviene nei mesi di settembre-ottobre. Ogni ettaro produce all’incirca 68 quintali di risone e 50 di paglia
Un tempo, la cura del riso era associata alla fatica di braccianti piegate in due nei campi, a mondare e a raccogliere il prodotto, operazioni notoriamente rappresentate nel film Riso Amaro, girato in parte sulle terre della cascina Kyrie.
Oggi, la mietitura viene affidata a macchine moderne, in grado di erogare quasi 600 cavalli di potenza, dotate di tramogge capaci anche di accumulare 14.000 litri di raccolto a ogni ciclo, con una velocità di scarico nei rimorchi di circa 135 litri al secondo.
Durante il raccolto del riso, è comune che garzette, aironi e ibis sostino nella risaia o seguano le mietitrebbia che, tagliando le piantine, privano le rane, abituali abitatrici delle zone umide, della protezione offerta dalla vegetazione. Gli uccelli ne sono ghiotti.
La mietitrebbia taglia le piantine ed esegue una prima pulitura, separando grossolanamente il chicco dalle altre parti che compongono la pannocchia, espulse e lasciate sul terreno.
La cariosside del riso (che costituisce il frutto della pianta) è detta risone, riso grezzo o riso vestito. Appena raccolto, il risone contiene sempre circa un 15% di umidità. Viene quindi posto in grandi essiccatoi, in attesa di venir sottoposto – tramite diversi passaggi in setacci, calamite, getti di aria ecc. – alle operazioni che portano, mediante la sbramatura, a liberarlo dalle parti tegumentali, le glume e le glumelle (o glumette), che andranno a costituire la lolla (o pula). Per estrazione la lolla può dare l’olio di riso; viene poi utilizzata nella produzione di energia termica, o per la produzione di energie elettrica, o viene usata come isolante termico nelle applicazioni della bioedilizia.
Fra i cereali, il riso è un alimento completo, tanto che per alcune popolazioni rappresenta l’unica fonte di sussistenza. In casi estremi, si può sopravvivere a una dieta esclusiva di riso integrale per lunghi periodi senza manifestare carenze alimentari importanti.
Presente nella cucina tradizionale italiana, il riso è ricco di amido ma privo di glutine. Nell’Italia Settentrionale è notoria l’abitudine di stufarlo nel familiare risotto, un piatto cremoso che, in questa forma può essere abbinato praticamente a qualsiasi altro alimento: dalla frutta, alla carne e al pesce, ai legumi e alle verdure. Ma il riso è diffuso anche nella tradizione culinaria delle regioni meridionali: dagli arancini siciliani al supplì romano al sartù napoletano.