Trisha Baga all’Hangar Bicocca

Pirelli HangarBicocca presenta dal 20 febbraio al 19 luglio 2020 la mostra personale di Trisha Baga the eye, the eye and the ear che raccoglie installazioni video, seed painting e sculture in ceramica (di Cristina Risciglione e Renato Corpaci)

Trisha Baga There’s NO “I” in Trisha, 2005-2007/2020

Trisha Baga (Venice, FLA 1985) sembra molto più giovane dei suoi 35 anni. Nondimeno, stupisce la precocia e la determinazione con cui l’artista si è dedicata all’Arte e, di rimando, l’immediato interesse con cui il mondo dell’arte ha accolto questa ecclettica artefice, legittimata definitivamente già nel 2013 con una mostra personale dal Whitney Museum of American Art. Non ultima, sorprende la freschezza adolescenziale con cui l’artista persiste a confrontarsi con i propri mezzi espressivi.

La prima opera che accoglie il visitatore alla rassegna in corso al Pirelli HangarBicocca, ORLANDO, è anche il titolo della sua esibizione del 2015 alla galleria newyorkese Green Naftali, titolo che si riferiva sia alla città della Florida (stato natale dell’artista) che al romanzo di Virginia Wolf, da cui è stato tratto il film di Sally Potter, premiato a Venezia nel 2010. Il testo di cui consiste quest’opera è invece un paragrafo tratto dalla prefazione di un libro – Half Mile Down (1926) – dello scienziato naturalista William Beebe in cui si documenta il fondale marino. Baga ha alterato due parole fondamentali del testo, sostituendo tutte le occorrenze di “libro (book)” con “uomo (man)” e “it (esso)” con “her (lei).

L’idea dell’artista era di presentare l’esibizione come una frammentazione di oggetti ma anche un corpo unico che potesse possedere un’autonomia propria. Una esposizione museale fittizia, una storia alternativa fatta di frammenti di storie… un po come la storia degli antenati filippini della Baga, di cui si sa ben poco di prima della colonizzazione. Sicché la storia viene redatta mettendo insieme reperti culturali diversi sul modello adattato di altre storie nazionali, colmando i vuoti con delle supposizioni. Questo procedimento è molto simile alla pratica artistica di Trisha Baga che utilizza per il proprio lavoro la metafora di Frankenstein in cui il corpo viene fatto a pezzi e riassemblato in versioni sempre più astratte, applicando il concetto al corpo cinematografico come estensione del corpo umano.

Estratti dalla conferenza stampa di presentazione

Così, sulla sinistra dello spazio espositivo dello Shed, sprofondato per l’occasione in una penombra solcata da fasci di luce che illuminano gli oggetti, emerge dall’oscurità il “corridoio geologico dell’evoluzione” dei manufatti della civiltà – come viene definito da Trisha Baga – Hypothetical Artifacts, Una raccolta di oggetti di ceramica che, dallo stato informe, progressivamente dettagliano un’approssimazione di animali domestici, fotografie incorniciate e oggetti di uso quotidiano: dalla calcolatrice al microscopio e anche, ironicamente al termine del percorso evolutivo, un autoritratto dell’artista.

Al centro dello spazio espositivo, due installazioni fondamentali nel percorso di Trisha Baga come artista. La prima, There’s No “I” in Trisha (2005-2007/2020), il suo primo video, consiste in una teen-commedy spalmata su due stagioni di recite di due-quattro minuti l’una. Ancora un bisticcio linguistico nel titolo. L’“I” (io) del titolo, la stessa Trisha Baga, interpreta tutti i personaggi. Inoltre, se si toglie “I“ da “Trisha”, rimane un anagramma di “trash”, “spazzatura”, come la commedia televisiva, costellata di personaggi stereotipati, risate e applausi registrati, viene spesso definita. Nella versione 2020, intorno al televisore che trasmette lo spettacolo, Trisha Baga ha costruito una specie di salotto posticcio, con un divano, tavolini e paralumi. L’ambiente in cui questo genere di spettacolo viene solitamente seguito.

In un altro separè, su un grande schermo, viene proiettato il video Madonna y El Niño (2010). Di nuovo il titolo propone un gioco di parole tra una traduzione che suggerirebbe “Madonna con Bambino” e la rock star Madonna in relazione al fenomeno meteorologico “El niño”. Infatti, l’opera inizia con una dissertazione sul ciclo della pioggia e continua essenzialmente con la riproduzione di due brani dal video del concerto di Madonna Confessions Tour basato sul settimo tour della cantante statunitense a supporto del suo decimo album in studio, Confessions on a Dance Floor, partito il 21 maggio 2006, con inserimenti e mixaggi ad opera dell’artista.

Insomma, i titoli delle opere di Trisha Baga (Venice, FLA 1985) sembrano ruotare sempre intorno a un cortocircuito linguistico con un tocco d’ironia, più che di un adulto, tipica di un personaggio adolescente, stato da cui l’artista sembra non essere mai uscita.

Uno dei lavori più recenti è Mollusca & The Pelvic Floor (2018). Mollusca è il nome omofono con cui l’artista chiama Alexa, l’assistente vocale di Amazon basato su cloud.

Per finire, la nuova opera realizzata in occasione della mostra in Pirelli HangarBicocca, 1620 (2020), ispirata alla leggendaria Plymouth Rock, che rappresenta simbolicamente il luogo di sbarco dei Padri Pellegrini dal galeone Mayflower, lo sbarco che ha dato inizio all’invasione occidentale del subcontinente nordamericano.

L’enfasi della mostra si concentra sulle videoinstallazioni della Baga, ma crediamo che non si debbano trascurare le opere poste sulla parete sud-orientale dello Shed. Si tratta di quadri realizzati utilizzando semi di sesamo, una pianta erbacea della famiglia delle Pedaliaceae, originaria dell’India e dell’Africa, ricchi di calcio e omega 3 e 6. Questi quadri mostrano persone distribuite in ampi spazi, come piazze. La presenza di abbozzi di finestre di dialogo ci fa intuire che i concept per i soggetti di questi “dipinti-collage” siano stati ispirati dallo schermo di un computer.

Le opere della Baga sono caratterizzate principalmente da visioni di piani sovrapposti in cui uno o più piani sono riservati alla tecnologia e la tecnologia, a sua volta, ci restituisce l’immagine dell’artefice.

È un modo molto originale di operare. Le opere di nTrisha Baga ci aiutano così, bene o male, a ricavare un’immagine, per così dire, “aggiornata” del mondo in cui viviamo, circondati come siamo da tecnologie e da protesi elettroniche che prolungano e influenzano il nostro modo di pensare, agire, creare arte…

Trisha Baga, the eye, the eye and the ear
A cura di Lucia Aspesi, Fiammetta Griccioli
Milano –
Pirelli HangarBicocca
20 febbraio – 27 luglio 2020

Per maggiori informazioni: Pirelli HangarBicocca

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