Fondazione Marconi presenta la mostra Giuseppe Uncini. La conquista dell’ombra dedicata al lavoro dell’artista marchigiano tra il 1968 e il 1977 (di Renato Corpaci).

La morte dell’arte è la crisi irreversibile del sistema delle tecniche tradizionali dell’arte nella società industriale e capitalistica, ovvero la difficoltà di sopravvivenza del complesso di tecniche in grado di produrre valori estetici e sociali, all’interno della società capitalistica. Che però l’arte venga continuamente meno è reale, ma per rinnovarsi. Una morte dell’arte in quanto scomparsa della pittura o della scultura non è veramente credibile.
Nato a Fabriano nel 1929, ma trasferitosi nel 1953 a Roma, Giuseppe Uncini fece parte della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo, alla quale aderirono, oltre allo stesso Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Franco Angeli e Mario Schifano. Entrò successivamente in contatto (1963) con il Gruppo Uno, a cui parteciparono con Giuseppe Uncini, Gastone Biggi, Nicola Carrino, Nato Frascà, Achille Pace e Pasquale Santoro. Il gruppo proponeva un’idea di arte gestaltica, legata alla teoria della percezione. Di questa corrente, Giulio Carlo Argan fu uno dei più convinti sostenitori.
«La morte dell’arte è già avvenuta e siamo usciti dalla fase storica in cui l’arte ha sempre avuto il compito di elaborare modelli di valore. Abbiamo veduto come il mondo attuale consumi quantità enormi d’immagini: è facile prevedere che la fenomenologia del mondo di domani sarà tutta fondata sull’immagine. Se non saprà valutare, il mondo non saprà più valutarsi, esisterà senza avere neppure la coscienza di esistere.» (G. C. Argan 1965)



















In collaborazione con l’Archivio Uncini – facendo seguito all’esposizione del 2015 incentrata sul disegno – Fondazione Marconi presenta la mostra Giuseppe Uncini. La conquista dell’ombra dedicata al lavoro dell’artista marchigiano tra il 1968 e il 1977, impegnato in quegli anni a documentare l’evoluzione della lunga e approfondita indagine sul tema delle ombre.
«Una disciplina muore quando, caduti i nessi col sistema globale della cultura, cessa la sua funzione. Così è stato dell’alchimia, dell’astrologia […] L’eternità dell’arte è una frottola, il vero problema è la sopravvivenza della civiltà dopo la fine dell’arte. E questo dipenderà anche dal modo in cui l’arte avrà vissuto la propria fine, che sarà ancora un momento della storia, di tutti il più illuminante.» (G. C. Argan, Ritratti di opere e di artisti 1993).
Sicché, a partire dal 1967 e con impegno crescente fino al 1977, Giuseppe Uncini sviluppa il suo interesse per l’entità e la funzione dell’ombra e la rassegna allo Studio Marconi raccoglie un numero consistente di opere che, nel loro insieme, documentano l’evoluzione della lunga e approfondita indagine condotta dall’artista tra il 1968 e il 1977, dalla “costruzione di oggetti” alla “costruzione dell’ombra”, dalla forma reale dell’oggetto costruito, alla sua forma virtuale.
Luce e ombra vengono così poste allo stesso livello di valore e considerate “materie” alla stessa stregua, permettendo una nuova e inedita lettura dell’opera. È dunque lo spazio a farsi materia dell’atto costruttivo dell’artista e non esiste più distinzione tra il fare pittura e il fare scultura.

Accanto alla Grande parete sono esposte la maquette originale dell’opera, realizzata in cemento e laminato di legno (1975-1976), alcune foto documentarie scattate durante l’esecuzione dell’opera e una selezione di disegni eseguiti negli stessi anni, visto che in Uncini il disegno ha rivestito, sin dagli inizi della sua attività, un ruolo di primaria importanza per la progettualità del suo lavoro.
Accompagna la mostra un volume sul tema, a cura di Bruno Corà, e in collaborazione con l’Archivio Uncini.
Giuseppe Uncini, La Scomparsa dell’Ombra
Fondazione Marconi
Dal 18 ottobre 2019, martedì-sabato, ore 11-19.
Per maggiori informazioni: Fondazione Marconi