Asti presenta le opere degli Impressionisti che hanno scelto la Normandia come modello per le sperimentazioni sulla luce e sul colore che hanno reso i loro quadri insuperabili (di Renato Corpaci)

Con la mostra Monet e gli impressionisti in Normandia, che segue il successo dell’esposizione Chagall. Colore e Magia, Asti s’inserisce nel circuito delle grandi città d’arte italiane e internazionali.
Settantacinque opere provenienti dalla Collezione Peindre en Normandie – collezione, creata nel 1992 su iniziativa del Consiglio Regionale della Bassa Normandia e di partners privati e una delle collezioni più rappresentative del periodo impressionista – dal Musée de Vernon, dal Musée Marmottan Monet di Parigi e dalla Fondazione Bemberg di Tolosa e da collezioni private francesi.
Le origini dell’Impressionismo
Nel 1841, l’invenzione di Jonh Goffe Rand, di porre il colore in un semplice tubetto di stagno, si diffuse in Europa molto rapidamente.
Ciò che di più rivoluzionario portò l’avvento dei tubetti dei colori fu la possibilità per i pittori di uscire di casa, per rappresentare su tela ciò che simultaneamente osservavano dal vivo e di farlo con un modesto investimento. Bastava un cavalletto e di tele di dimensioni contenute.



















Questa nuova indipendenza favorì l’incontro di un numero consistente di pittori con la Natura, «l’incontro – secondo il curatore Alain Tapié – di due autori». Da una parte la Natura, autrice di tutto quello che possiamo vedere, escluse le opere dell’uomo: spiagge, scogliere, boschi, tramonti, albe… Dall’altra, il pittore, autore di una sua visione della Natura rappresentata sulla tela. «Metà del lavoro è fatto dal luogo e l’altra metà dal pittore». La nuova arte, grazie anche all’apporto di pittori come William Turner e come i paesaggisti britannici, si sviluppò in una tendenza sperimentale dove, accanto allo studio della luce, del colore, possono rientrare anche personaggi in pose curiose, che trovano posto nel paesaggio.
La possibilità di dipingere en plein air pose in seguito le basi dell’Impressionismo, stigmatizzato dalla mostra tenuta il 15 aprile 1874, presso lo studio del fotografo Felix Nadar, alla quale parteciparono Claude Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley e Pierre-Auguste Renoir.
L’area interessata dalle tele riunite a Palazzo Mazzetti, rappresenta la meta forse più ambita dai pittori che da Parigi sempre più spesso si spostavano alla ricerca delle più suggestive condizioni di luce e di colore. Dieppe, l’estuario della Senna, Le Havre, la spiaggia di Trouville, il litorale da Honfleur a Deauville, il porto di Fécamp, sono gli scenari che hanno più di frequente sedotto (proprio nel senso di “tratto a sé”) gli Impressionisti, fin dalle origini del fenomeno.
Accanto ai numerosi pittori divenuti illustri (Monet, Corot, Courbet, Boudin, Marquet, Géricault, Jongkind), altri artisti meno noti (Noël, Lepic…) celebrano il matrimonio tra la luce e il cielo normanno come se fosse un lavoro collettivo.
«Deus sive natura, nell’ambito della riflessione metafisica, cosmologica, teologica ed etica del filosofo Baruch Spinoza, sta a significare l’identità di Dio, inteso come la sostanza infinita da cui tutti gli enti dipendono per la loro esistenza e per la loro essenza, e la Natura, intesa come l’insieme di tutto ciò che esiste, cioè la sostanza e tutti i suoi attributi e le sue modificazioni.» (cit.)
«Quei luoghi – afferma il critico d’Arte Vittorio Sgarbi – acquistano un senso quando entrano in un opera d’arte. La pittura le carica di una dimensione numinosa, come se Dio fosse in quelle immagini che sono della natura, perché la Natura e Dio sono molto simili… Una specie di Panteismo, l’idea che la Natura porti con sé l’impronta di Dio.»



Curata da Alain Tapié, la mostra è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Asti, in collaborazione con Ponte – Organisation für kulturelles management GMBH, organizzata da Arthemisia, sponsor Gruppo Cassa di Risparmio di Asti e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino.
La mostra ha viaggiato da Memphis (Stati Uniti), in Giappone, in Croazia, in Slovenia, in Polonia, a Münster (Germania) e nei Paesi scandinavi e baltici, prima di approdare al Forte di Bard e ora qui, ad Asti, a Palazzo Mazzetti.
Asti è una città al centro di un area d’interesse eno-gastronomico straordinario. Questa mostra offre un ulteriore motivo per un’intelligente, golosa scampagnata o un weekend, tra Langhe, Monferrato e Roero.