Arshile Gorky a Ca’ Pesaro

La Fondazione Musei Civici di Venezia presenta la prima ampia retrospettiva realizzata in Italia sull’artista americano Arshile Gorky. Intitolata Arshile Gorky: 1904 – 1948 e allestita a Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna.

Arshile Gorky 1904 – 1948. A Ca’ Pesaro

Figura cardine dell’arte degli Stati Uniti nel XX secolo – a fianco a Willem de Kooning, Jackson Pollock e Mark Rothko – Vostanig Manoug Adoian, alias Arshile Gorky, può ben rappresentare il punto pivotale dello spostamento dell’interesse – dall’arte europea del XIX-XX secolo, all’arte americana del XX – consumatosi nel corso della 25Biennale del 1950. «Con la sua pittura – sottolinea Gabriella Belli nell’interessante saggio nel catalogo – Gorky ha integrato i paesaggi di Paul Cézanne, la linea di Ingres, la composizione di Paolo Uccello, la logica di Picasso, persino le vivaci forme di Joan Miró.»

Il pittore, semianalfabeta, immigrato in seguito all’olocausto degli armeni, ha completato una scarsa formazione artistica acquisita negli USA con l’osservazione dei capolavori custoditi dai musei di New York, di cui fu sempre un assiduo frequentatore.

L’espressionismo astratto di Gorky è un groviglio di linee e di colori in cui l’osservatore non si stanca di cercare forme riconoscibili e un’impossibile senso, guidato da titoli apparentemente fuorvianti (Anti-Medusa, Pastorale, L’Inizio, Il fegato è la cresta del gallo), ma più spesso lasciato solo a disorientarsi e a perdersi di fronte a opere come Senza titolo, Dipinto.

È un dolce naufragare.

La mostra, che riunisce oltre 80 opere, si ripartisce in cinque sezioni: Ritratti e figure, Nature morte, Disegni, Anni ‘40, Le ultime opere. La disposizione cronologica permette di ricostruire lo sviluppo della ventennale opera pittorica di Gorky e apprezzarla in tutta la sua ampiezza.

La prima sezione, Ritratti e figure, permette di ricostruire le frequentazioni del pittore con gli artisti avant-garde emergenti di New York, tra questi Stuart Davis, John Graham e David Smith, l’entourage artistico in cui lo stesso Gorky si fece notare. Ma Gorky utilizza la ritrattistica anche per “rivisitare” famigliari e amici che aveva abbandonato in seguito alla fuga dalla persecuzione turca.

Già nelle Nature morte si può scorgere la sperimentazione del pittore che, dalla figurazione, attraverso il cubismo e il surrealismo, approda a una propria forma originale di espressionismo astratto.

La creatività di Gorky viene approfondita in mostra attraverso l’esposizione di Disegni e opere su carta che documentano tutto il corso della sua carriera.

ARSHILE GORKY, Apple Orchard / Frutteto di mele ca. 1943ñ46. Pastel on paper, 106.7 x 132.1 cm
Collection/ Collezione Agnes Gund. Photo: Genevieve Hanson

Negli Anni ‘40 Gorky entra in contatto con la comunità di artisti europei, con i surrealisti, tra cui André Breton, Wifredo Lam, Max Ernst e Roberto Matta, rifugiati a New York a causa dell’invasione nazista dell’Europa. Il suo lavoro era stato ulteriormente rivitalizzato da una riconnessione con la natura, cementata nelle estati del 1942-1945 trascorse in Connecticut e alla Crooked Run Farm in Virginia.

Le ultime opere si concentra sugli ultimi capolavori come The Liver is the Cock’s Comb(1944), One Year the Milkweed (1944) e Dark Green Painting (1948 circa). In questi lavori, i simboli istintivi di Gorky si trasformano in un personale vocabolario di forme fantastiche ricorrenti.

«La capacità straordinaria di Gorky fu quella di riuscire ad accumulare un lessico visivo ampio e personalmente selezionato prendendolo da movimenti formali, senza mai però aderire ad alcuna delle loro direttive. Questo, insieme all’assimilazione dell’opera di artisti moderni fondamentali e alla loro influenza, armò Gorky di un ricco vocabolario da cui attingere.» (Edith Devaney, Il punto di vista di Gorky, nel catalogo)

Il rapporto di Gorky con Venezia è postumo, e parte da quella prima partecipazione alla 24a Biennale del 1948, anno della scomparsa del pittore. La sua opera, tra altri 76 artisti statunitensi invitati a rappresentare gli esiti della scultura e della pittura americana tra il 1920 e il 1948, non verrà notata.

Ma è la partecipazione all’edizione successiva, di cui si è accennato, la 25a del 1950, insieme a Jackson Pollock e a Willem De Kooning, che determinerà l’ingresso di Gorky tra i grandi artisti del suo tempo. I cinque dipinti presentati a Venezia sono considerati tra i suoi capolavori.

Ritorna ai Giardini, alla 31a Biennale del 1962, con una consitente esposizione di ben 43 opere , distribuite in due sale del Padiglione Centrale, compreso il dipinto L’artista e sua madre, 1926-1932 circa (non in mostra), indiretta rappresentazione della tragedia del popolo armeno, a proposito del quale l’artista non volle mai esprimere a parole i propri sentimenti.

Ultima presenza alla Biennale, la 34a dell’ormai lontano 1968, la sua opera contribuisce – insieme ad altre 116 – a delineare le esperienze dell’arte contemporanea – dall’informale al minimalismo – comprese nell’arco di vent’anni (1948-1968).

Ciò nonostante, Arshile Gorky rimane di casa in Laguna, grazie alla Collezione Guggenheim che possiede quell’unico dipinto presentato nella Biennale del 1948 e successivamente acquistato da Peggy direttamente da Gorky.

Curata da Gabriella Belli, storica dell’arte e direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia e da Edith Devaney, curatrice alla Royal Academy of Arts di Londra, in stretta collaborazione con The Arshile Gorky Foundation, la generosa retrospettiva si avvale di prestigiosi prestiti museali e di collezioni private internazionali.

Gabriella Belli, storica dell’arte e direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia

Tra i prestatori: National Gallery of Art di Washington; Tate Modern di Londra; Centre Pompidou di Parigi; Whitney Museum of American Art, New York; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, Albright-Knox Art Gallery di Buffalo; Calouste Gulbenkian Foundation, di Lisbona; Diocesi della Chiesa Armena Americana a New York.

Il lavoro dell’artista ha avuto una influenza permanente sulle generazioni, in particolare artisti come Willem de Kooning, Cy Twombly, Helen Frankenthaler e Jack Whitten.

La mostra presenta anche un film diretto da Cosima Spender, nipote del personaggio, che riunisce alcune voci artistiche contemporanee per riflettere sulla vita, il lavoro e l’eredità di Gorky, insieme a filmati inediti dell’artista.

Edito da Hauser & Wirth, accompagna la mostra il catalogo illustrato con saggi dei curatori (Edith Devaney e Gabriella Belli) e Saskia Spender (nipote di Gorky), i cui testi compaiono in inglese e in italiano.

Il programma espositivo del MUVE – Musei Civici di Venezia si sviluppa anche per quest’anno nelle due direzioni fondamentali della conservazione e valorizzazione del patrimonio museale e dell’accoglienza e promozione dell’arte contemporanea.

Per maggiori informazioni: Ca’ Pesaro  Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Condividi su:
Pin Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *