Alberto Burri – Fondazione Cini

Nell’ambito dei più importanti eventi collaterali alla 58a Biennale Arte, ad Alberto Burri viene dedicata dalla Fondazione Giorgio Cini un’importante retrospettiva antologica. Sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, fino al 28 luglio 2019 (di Renato Corpaci).

BURRI, la pittura, irriducibile presenza, all’isola di San Giorgio, a cura di Bruno Corà

 

La grande mostra BURRI, la pittura, irriducibile presenza all’isola di San Giorgio, è curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini e dalla stessa Fondazione Burri in collaborazione con Tornabuoni Art e con Paola Sapone MCIA (Monte Carlo International Art), in partnership con Intesa Sanpaolo, fino aL 28 luglio.

Tutto ciò che è imprevisto va ricondotto a un’equilibrio

Circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri  da prestigiose collezioni private tracciano il percorso artistico di questo “medico” che non esercitò mai, avendo seguito la chiamata dell’arte mentre si trovava in un campo di prigionia in Texas.

Artista Autodidatta, il caposcuola della pittura materica era stato avvantaggiato – diceva – dall’essere nato in una zona densa di capolavori. Dall’esposizione alle opere di Piero della Francesca (San Sepolcro), Signorelli (Morra), Giotto e Beato Angelico (Assisi), Perugino e Raffaello (Perugia) giusto per citarne alcuni.

La Mostra alla Fondazione Cini attraversa tutte le fasi dell’attività di Burri (Città di Castello, 1915 ‒ Nizza, 1995), capofila di una generazione di artisti influenzati dal suo modo di operare sulla superficie dispiegando “materia”, anziché pittura.

Le fasi del suo lavoro corrispondono più o meno ai materiali usati: dai Catrami e le Muffe (1949), attraverso i Sacchi (1949-50), i Gobbi (1950), le Combustioni (1953), i Legni (1955), i Ferri (1958), le Plastiche (1956-63), i Cretti (1973), i Cellotex (1974) e le conclusive serie di Neri e Oro.

Il “cellotex”, un materiale vile, fonoassorbente impiegato in edilizia all’interno delle pareti, è usato da Burri prima come supporto, quindi, dal 1973 in poi, come protagonista nelle sue opere: applicando colle, scorticandolo, bruciandolo; al naturale o dipinto di nero, impreziosito con l’oro zecchino applicato in lamelle.

I suoi colori sono il rosso, il bianco, ma soprattutto il nero, di cui riesce a ricavare diversi tipi, giuocando sull’opacità e sulla texture del materiale sottostante.

Quella di Burri è una sfida continua con la casualità, un rito alchemico che si propone la trasformazione della sostanza in opera d’arte. Dopo averla causata, l’artista interviene per arrestare la degenerazione del materiale al punto topico. Controlla le spaccature dei cretti, con le mani ferma la combustione della plastica.

Un filmato illustra il monumento eseguito su richiesta del sindaco di Gibellina, iniziato nel 1985, terminato nel 2015, dopo la morte dell’artista. 90.000 metriquadri di cemento bianco non dipinto copre come un sudario un’intera collina della Valle del Belice. Muri alti 160 cm, un enorme cretto le cui spaccature corrispondono alle strade della città distrutta dal terremoto del 1968.

Nel suo complesso – sottolinea il curatore, Bruno Corà – l’opera di Burri non va considerata come un’opera di tipo naturalistico, ma un’opera di carattere concettuale.

Intesa Sanpaolo partecipa alla realizzazione della mostra, nell’ambito di Progetto Cultura, piano triennale delle iniziative culturali della Banca, anche attraverso il prestito di opere del grande artista appartenenti alle raccolte d’arte di proprietà.

BURRI la pittura, irriducibile presenza
a cura di Bruno Corà
Fondazione Giorgio Cini
Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
10 maggio – 28 luglio 2019

Per maggiori informazioni: Fondazione Giorgio Cini

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