Franco Cardinali. Inquietudine necessaria

Dall’11 gennaio al 14 febbraio 2019, a cura di Raffaella Resch, la mostra Franco Cardinali. Inquietudine necessaria, al Palazzo dei Giureconsulti di Milano.

Franco-Cardinali, atelier du Loiret 1957 Foto Fritz Gerlinger.jpg

Nato a Rapallo, pittore e ceramista, Franco Cardinali (1926-1985) iniziò l’attività nel secondo dopoguerra a Milano dove, nel 1953, espose per la prima volta la sua produzione di arte figurativa.

Aveva però già ceduto al richiamo d’oltralpe e, dopo un primo viaggio a Parigi nel 1950, completò il trasferimento definitivo nel 1954.

Viene accolto dal vivace ambiente del XIV arrondissement e inglobato nel gruppo di artisti che facevano capo alla Cité Vercingétorix. Il comitato era formato da una quarantina di intellettuali della rue Vercingétorix, coinvolti in un movimento impegnato contro la gentrificazione del quartiere.

Tra gli intellettuali che incontra, con cui avvia duraturi rapporti ci sono Pablo Picasso, Jean Cocteau e Jacques Prévert. «La sua pittura tuttavia – scrive Raffaella Resh, curatrice della mostra – si evolve in maniera autonoma e matura, con una sorta di nomadismo degli stili, segnata da un’inquietudine che contraddistingue anche la sua intera esistenza.», come anche Jacques Prévert sottolinerà: «Molti pittori, oggi, dipingono tutti insieme, ognuno per suo conto, più o meno la stessa cosa: dal canto suo Cardinali – è un suo diritto e un suo piacere – dipinge dell’altro».

Franco Cardinali al lavoro con il carboncino, atelier Vallauris 1955

L’evoluzione dell’arte di Cardinali si delinea su un percorso che, dal figurativo, interpretato con toni accesi e linee marcate, investe l’astrazione insita nel mondo naturale: isolato, magnificato, ricomposto, ma sempre con i suoi ambienti, i suoi animali, i suoi elementi simbolici.

Dalla fine degli anni Sessanta, le tele di Cardinali diventano composizioni alchemiche (olio, caseina e sabbia) di texture e di colore, alla costante ricerca di una materia palpabile. Una forma che emerge dalla tela, creando, “sotto” la superficie pigmentata, spessori e goffrature.

Galassie che trasmettono all’osservatore una trepidazione che trascende anche l’inquietudine dell’artista, perché rappresentano possibili catastrofi, potenziali degenerazioni del reale.

Contemporaneamente, Franco Cardinali si dedica alla ceramica – medium frequentato anche da Pablo Picasso, come ben illustrato nella recente mostra Picasso Metamorfosi a Palazzo Reale – e si trasferisce a Rocca di Chiusi della Verna (Arezzo).

È la fase della sua attività più matura: nascono i quadri sulle radici, gli alberi, i fossili, gli astri, gli animali, i villaggi tosco-umbri e Il Cristo della Rocca, 1970, olio, caseina e sabbia su tela su legno, per l’omonima chiesetta di Sant’Agata alla Rocca.

«Era eccessivo in tutto – scrive Benito Boschetto, che all’artista fu legato da sincera amicizia – nel suo talento e nelle sue virtù, come nei suoi difetti caratteriali e, quindi, nei suoi limiti di comportamento.»

Questa eccessività lo porterà purtroppo, il 12 aprile 1985, anche a chiudere prematuramente la sua avventura terrena.

La mostra – che segue a  trent’anni di distanza quella postuma organizata all’Accademia di Brera – beneficia del patrocinio del Comune di Milano, del Comune di Chiusi della Verna, del Comune di Città di Castello, del Club per l’UNESCO di Aquileia e dell’Unione Artigiani della Provincia di Milano, della Provincia di Monza e Brianza e del sostegno di Aboca, Main Sponsor della rassegna.

Arricchisce l’esposizione un esaustivo catalogo in edizione italiana e inglese edito da Scalpendi Editore, che presenta tutte le opere in mostra oltre ad una ricca selezione della produzione dell’artista, con testo critico di Raffaella Resch e una testimonianza dell’amico Benito Boschetto.

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