La mostra La magnifica fabbrica – 240 anni del Teatro alla Scala da Piermarini a Botta, dal 4 dicembre 2018 al 30 aprile 2019, racconta le vicende che hanno interessato il teatro più famoso (di Cristina Risciglione).

Maquette in legno pregiato, realizzata da Ivan Kunz, che riproduce una sezione dell’edificio in scala 1:75
A cura di Fulvio Irace e Pierluigi Panza, realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo e grazie ai Partner Edison e Mapei, la mostra è indirizzata a stranieri, scolaresche e ai milanesi che vogliono conoscere un po’ di più su questo loro teatro che, nel corso degli anni, ha subito innumerevoli trasformazioni, per lo più senza che i cittadini ne fossero pienamente coscienti.
Si chiama “la Scala del Piermarini” ma del Piermarini non rimane quasi nulla.
La trasformazione che ha avuto luogo nel corso dei suoi 240 anni si è sviluppata grazie all’intervento di almeno 5 architetti: Piermarini la costruisce; Canonica, architetto di Napoleone, distrusse il convento San Giuseppe, dietro al teatro, per potenziare la profondità del palcoscenico; Sanquirico nell’Ottocento trasformò soprattutto gli interni; nel Novecento intervenne l’ingegnere capo della Scala Luigi Lorenzo Secchi, il cui erede è oggi l’ingegner Malgrande. Ultimo è Mario Botta che è intervenuto tra il 2002 e il 2004. e che si appresta a dar vita alla nuova torre.
Tutto questo è stato reso possibile grazie alla committenza. La borghesia illuminata e la collettività tutta di Milano, hanno saputo insignire volta per volta i vari architetti dell’incarico e della responsabilità di ricostruire (il Piermarini dopo l’incendio del teatro di Corte), trasformare (Sanquirico nell’Ottocento intervenne sugli interni), rinnovare (l’ingegner Secchi nel Novecento tra le altre cose, ricostruì dopo i bombardamenti e le diede l’aspetto che oggi conosciamo) e ristrutturare ampliando ancora (l’architetto Botta che ha aggiunto ulteriori volumi e che si appresta a dar vita alla nuova costruzione da ultimarsi presumibilmente nel 2022).
Il teatro è il luogo in cui vengono conservati i sogni collettivi della comunità. A prescindere dal progresso tecnologico che ci permette di sdoganarci da certe dipendenze dalla natura – a questo proposito, è bene ricordare che, grazie alla società Edison dell’ingegner Giuseppe Colombo, il 26 dicembre 1883, all’apertura della stagione lirica, con La Gioconda di Amilcare Ponchielli, il Teatro alla Scala venne definitivamente illuminato con la luce elettrica fornita da 2880 lampade a incandescenza – o dai vincoli imposti dalla fisiologia – attualmente superiamo i limiti della portata della voce parlando con chi ci aggrada, non importa quanto lontano, attraverso il cellulare – ancora oggi si converge sul Teatro per vivere collettivamente tragedie, amori, delitti, saghe, tradimenti, esattamente come accadeva 2500 anni fa, per purificarci, attraverso la catarsi, dalle malattie che affliggono l’animo umano.
Cosa rende questo rito così tenace? Perché resiste questo consenso, questa unità d’intenti intorno alla Scala?
«È il territorio della memoria – dice l’architetto Botta – Senza saperlo, abbiamo bisogno di vivere, nella nostra quotidianità, emozioni che altre generazioni prima di noi, che il popolo estinto, il popolo dei morti ha vissuto prima di noi […] L’architetto non risponde solo dei dati tecnici e funzionali, l’architetto lavora sul territorio espressivo dove le emozioni, dove la memoria sono il vero datore di lavoro. Poi, dopo, di volta in volta serve una casa, una scuola, un teatro, un museo, una chiesa. Ma il vero problema è: come sono queste cose nella nostra contemporaneità? Come dev’essere una chiesa dopo Picasso? Come dev’essere un teatro dopo Duchamp? Questi sono i veri datori di lavoro che la committenza ha dato a tutti noi.»
La mostra comincia Al centro del Ridotto dei Palchi, con la splendida maquette in legno pregiato, realizzata da Ivan Kunz, che riproduce con straordinaria minuzia costruttiva una sezione dell’edificio in scala 1:75, offrendo la possibilità di entrare all’interno della struttura esplorandone da diversi punti di vista le trasformazioni architettoniche e funzionali.
L’allestimento di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto, che occupa le sale della Biblioteca Livia Simoni al piano superiore del Museo Teatrale, delinea un racconto didascalico non solo per gli specialisti o per gli appassionati di opera, ma aperto a un pubblico più vasto. L’obiettivo è di far appassionare il visitatore a un edificio di cui conosce solo quello che può vedere – i ridotti, la sala con le poltrone e i palchi – che però non consiste che di un terzo di una macchina i cui due terzi, le parti nascoste, rappresentano il motore.
Il racconto di questa storia scorre su vari supporti: dal materiale originale, ai pannelli, ai documenti video, a una grande stanza, dove si vede bene l’interrelazione tra la Scala, la formazione di Piazza della Scala e il contesto urbano in cui si è inserita.
C’è un racconto per immagini, grazie al contributo di Italo Lupi, che ha prodotto pannelli di facile lettura. Un racconto, di cui si diceva, che descrive le varie fasi della costruzione del teatro, delle sue evoluzioni in relazione alla piazza antistante e in relazione allo sviluppo della città realizzata da Ico Migliore e Mara Servetto. Un racconto trasmesso dai due video, relativi uno alla storia del teatro, dalla precedente costruzione di Santa Maria alla Scala, ai giorni nostri, e uno contenente un’intervista a Mario Botta, che spiega nel dettaglio l’intervento operato tra il 2002 e il 2004.
Il Ridotto dei Palchi ospiterà la sezione dedicata agli interventi più recenti firmati dall’architetto Botta e al completamento del suo progetto con la costruzione del nuovo edificio di Via Verdi.
Teatro Alla Scala
La magnifica fabbrica – 240 anni del
Teatro alla Scala da Piermarini a Botta
a cura di Fulvio Irace e Pierluigi Panza
dal 4 dicembre 2018 al 30 aprile 2019
Per maggiori informazioni: Museo Teatrale alla Scala
Vedi anche: Mario Botta. Spazio Sacro