Mario Merz Igloos

Pirelli HangarBicocca presenta Mario Merz Igloos, la mostra dedicata all’artista (Milano 1925-2003), di cui oltre trenta tra le opere più iconiche, realizzate tra il 1968 e l’anno della sua scomparsa, sono ora esposte negli spazi delle Navate (di Cristina Risciglione).

Mario Merz, Mario Merz, if the hoar frost grip thei tent Thou wilt give thanks when night is spent, 1978. Installation view Pirelli HangarBicocca. Photo: © Renato Corpaci

Inizialmente, Mario Merz creava associazioni apparentemente arbitrarie di oggetti, come un’impermeabile o un ombrello trapassati da una luce al neon, al confine tra pittura e scultura. Col tempo, questi neon rappresentavano sempre più spesso la sequenza di numeri nota come progessione di Fibonacci, e gli oggetti prendevano la forma della rappresentazione geometrica di detta sequenza, presente in natura nel guscio delle lumache o nel virgulto riccioluto di una felce che comincia a vegetare.

Negli anni ’60, Germano Celant incluse Merz nel movimento denominato Arte Povera che, insieme al Futurismo, fu uno dei movimenti più influenti nell’ambiente artistico internazionale del ‘900.

L’infatuazione di Merz per l’igloo, derivava dall’esigenza di trovare una forma tridimensionale che gli permettesse di conciliare i concetti spesso opposti e contraddittori che caratterizzano la sua poetica, rappresentati, tra l’altro, da frasi o citazioni emblematiche.

Mario Merz e Harald Szeeman si incontrarono per la prima volta in occasione della celebre mostra When Attitude Becomes Form alla Kunstalle di Berna nel 1969, alla quale il critico aveva invitato l’artista a partecipare proprio con uno dei suoi igloo (Acqua Scivola, 1969).

Ma il primo igloo sviluppato da Merz è l’Igloo di Jap (1968), ricoperto di argilla, con una scritta al neon che riporta una citazione del generale Jap: «Se il nemico si concentra, perde terreno; se di disperde, perde forza».

Successivamente, anni più tardi, Szeeman propose a Merz di fare una personale insiema a Marisa Merz alla Kunsthaus di Zurigo in cui furono esposti 17 igloo. Questa mostra ha ispirato la presente esposizione – Mario Merz Igloos – alla Bicocca, curata da Vicente Todolì, in cui, dalla notte artica del padiglione delle Navate, di igloo ne emergono ben 30. Vi si accede attraversando la mostra di Leonor Antunes, The last days in Galliate.

Mario Merz Igloos è stata una mostra molto impegnativa da organizzare, dato il numero delle opere, date le dimensioni di alcune di esse, la loro localizzazione in numerose collezioni private e museali internazionali – tra cui il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, la Tate di Londra, la Nationalgalerie di Berlino e il Van Abbemuseum di Eindhoven, il Kunstmuseum Wolfsburg e il Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf – e la loro fragilità. Tutto ha concorso a rendere le operazioni di trasporto un incubo: alcune hanno dovuto essere ricostruite in loco sulla base della descrizione o di scarse fotografie di precedenti installazioni.

Mario Merz Igloos si apre con La goccia d’acqua (1987), l’igloo più grande mai realizzato per uno spazio interno (Diametro di 10 m). La sua struttura in metallo è ricoperta da pezzi di vetro di varie fogge e misure, su cui compaiono sparsi numeri al neon. Una superfice piana attraversa la cupola, alla cui estremità un rubinetto versa dell’acqua in un secchio.

I vetri, fissati alla struttura con del mastice o dei morsetti, sono un elemento ricorrente, nella costruzione degli igloo. Una lunga serie di numeri di Fibonacci in neon rosso corre lungo tutta la lunghezza delle Navate. I numeri si specchiano nei frammenti di vetro, sicché i numeri rossi all’altezza del carro ponte si riflettono di fianco a quelli regolarmente applicati alla struttura, che sono azzurri opalescenti.

Gli igloo hanno strutture diverse, alcuni anche complesse. Alcuni sono ricoperti di iuta o di fascine di rami, altri di lastre di granito o di marmo. Alcuni sono attaccati a un altro igloo, come esseri monocellulari pronti a dividersi. Alcuni sono costruiti sopra e intorno ad altri igloo; altri hanno frammenti di tavola accuminati che li trafiggono, interrompendo la forma sferica con un piano orizzontale o una tela dipinta verticale. Due igloo sono attraversati da pile di quotidiani su cui si staglia la luce azzurra dei numeni di Fibonacci. Nell’igloo Evidenza di 987 (1978) insieme ai vetri fissati col morsetto compare una portiera di automobile. Nell’igloo Is space bent or straight? (1973) c’e una macchina da scrivere…

Conclude la serie, nel Cubo, l’igloo Senza titolo (1999) realizzato per il parco della Fundação Serralves di Porto, con delle fascine all’interno, e un cervo impagliato con il numero di Fibonacci 10946 sul fianco sulla propria sommità.

Mario Merz Igloos, curata da Vicente Todolí e realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz, si espande negli spazi delle Navate e del Cubo di Pirelli HangarBicocca, riunendo un corpus consistente delle opere più rappresentative di Mario Merz, datate tra il 1968 e l’anno della sua scomparsa.

Mario Merz. Igloos
A cura di Vicente Todolí
In collaborazione con la Fondazione Merz
Dal 25 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019

Per maggiori informazioni: Pirelli HangarBicocca

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