Michele Pellegrino. Una parabola fotografica

Fino a domenica 30 settembre, la Fondazione CRC presenta, presso il Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo, Michele Pellegrino. Una parabola fotografica, un’antologica che ripercorre 50 anni di carriera del fotografo cuneese (di Cristina Risciglione).

Valle Varaita, 1976 © Michele Pellegrino

A cura di Enzo Biffi Gentili, con la collaborazione del Comune di Cuneo, la mostra propone 75 scatti – tratti dalla donazione dell’intero archivio fotografico da parte di Michele Pellegrino alla Fondazione CRC – suddivisi in 19 sezioni monotematiche: dai ritratti dei contadini degli anni ’70, al progetto sulla clausura; dai matrimoni, alla mezzadria dai paesaggi montani dagli anni ’80 a oggi.

Nato il 1° febbraio 1934 a Chiusa di Pesio, Michele Pellegrino, più che un fotografo della provincia di Cuneo, nella quale ha vissuto e operato tutta la vita, è un fotografo delle Langhe, impregnato di quella cultura che fu di Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Nuto Revelli, e gli altri.

Sprovvisto infatti di quella che viene definita un’“educazione formale”, ha finito con l’interessarsi degli scrittori della sua terra ed è approdato alla filosofia di Luigi Pareyson.

Pellegrino non è un fotografo naïf. Sono piuttosto i suoi personaggi a essere naïf: i contadini delle sue colline; i frati e le suore dei conventi di clausura; le ragazze incontrate sui prati, che si spogliano senza malizia di fronte al suo obiettivo. Sono persone che sopravvivono a un passato che non ha futuro perché non ha una sola possibilità di resistere alla modernità, che lui trasmette ai posteri proprio grazie a quello scatto ispirato che ingloba un centesimo di secondo della loro vita.

«Negli anni sessanta-settanta – scrive Pellegrino nel bel libro che accompagna la mostra, edito da Skira – fare fotografie di cerimonie, soprattutto di matrimoni, fototessere ecc., era indispensabile per campare. Non era certo quello che sognavo, ma a furia di farne (di matrimoni), cominciai a vederlo per quello che era, e questo poteva essere interessante». Si può credergli. Anche i frutti di questa esperienza appaiono sui pannelli di questa mostra.

Il progetto portato avanti nei conventi a cavallo del confine francese tra il 1972 e il 1980 rimane forse il lavoro di maggior interesse umano, antropologico e psicologico. Un soggetto che ha preteso una notevole pazienza e doti affabulatorie non comuni. Il risultato produce nell’osservatore la strana sensazione: cadute tulle le barriere, come una mosca invadente, si vola e ci si posa nei luoghi più segreti.

Col tempo però, l’interesse per gli esseri umani, per quanto antropologicamente connotato, è andando scemando in favore dei paesaggi montani e delle colline su cui si appoggiano i borghi delle Langhe, indizi di una presenza umana plurale, invisibile o assente.

Come Walter Guadagnino fa notare, Michele Pellegrino predilige la forma del “libro” a quella dell’esposizione. Infatti, il libro prevede una gestazione più lunga e permette una fruizione dilatata nel tempo. Un invito irresistibile a lasciare l’esposizione, al termine della visita, portandosene sotto braccio “un pezzo”. Il libro Michele Pellegrino – Storie, permetterà di tornare su queste immagini preziose ben oltre la durata dell’evento.

Michele Pellegrino, una parabola fotografica
Complesso monumentale di San Francesco via Santa Maria 10 Cuneo

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