Javier Marín, Corpus

Il Mudec – Museo delle Culture di Milano presenta una retrospettiva dello scultore messicano Javier Marín: Corpus, 36 opere di dimensioni per lo più monumentali, realizzate con tecniche e materiali diversi in un ampio arco temporale, in mostra fino al 9 settembre 2018.

Javier Marín, Reflejo IV (bronzo a cera persa, 2014)

A primo impatto, le opere di Javier Marín danno l’impressione di qualcosa d’incompiuto, di oggetti in attesa di una collocazione adeguata, solo casualmente appoggiati nel posto in cui le incontra l’osservatore.   

La scultura si esercita utilizzando due distinte tecniche: la prima, classica, avviene per sottrazione. In questo caso, lo scultore sottrae progressivamente frammenti di materia da un blocco – diciamo – di marmo o di legno, fino a rivelare la forma potenziale che l’artista ha intuito possa essere estratta dal ceppo o dal blocco squadrato proveniente dalla cava o dal bosco. La seconda avviene per modellazione. In questo caso, lo scultore modella una forma all’interno di un parallelepipedo virtuale, aggiungendo materiale a materiale, fino al completo riempimento di un invisibile volume tridimensionale esistente soltanto nella sua mente.

Artista ecclettico, Marín spazia in entrambe le tecniche, manifestando una completa disinvoltura nel lavorare il legno, la creta, la cera, il bronzo fuso a cera persa, resine poliestere, che spesso ibrida con composti organici, come tabacco, segatura, carne secca e altro materiale deperibile, per introdurre un elemento di instabilità che rende i suoi corpi casualmente “mutabili” nel tempo.

Il corpo è il punto in cui la tradizione dell’arte scultorea classica, incontra lo stile elaborato dello scultore messicano; una buona realizzazione della celebre affermazione di Charles Baudelaire: «La modernità è il transitorio, il fugace, il contingente, la metà dell’arte di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile» (Curiosités esthétiques).

Dall’immutabile, Marín, recupera il piedestallo su cui appoggia o impernia le sue sculture per elevarle e imporre all’osservatore un punto di vista “dal basso”, che le monumentalizza e dona loro la dignità che meritano. Dall’arte classica, Marín recupera il valore del frammento, il caso fortuito che ha determinato l’amputazione dei corpi perfetti di Prassitele, la decapitazione dei gruppi scultorei di Fidia, non evocati qui senza motivo.

I corpi di Javier Marín, infatti, hanno il potere di rievocare grandi, drammatiche opere letterarie, scultoree e pittoriche del passato: l’Eneide di Virgilio, con il Laocoonte di Agesandro, Polidoro e Atenodoro di Rodi; il Vecchio e il Nuovo Testamento, con la Cacciata dal Paradiso Terrestre o la Pietà di Michelangelo Buonarroti; La Divina Commedia di Dante Alighieri illustrata da Gustave Doré…

Le espressioni dei volti, le torsioni anatomiche suggeriscono il raggiungimento di un acme che è insieme fisico ed emotivo. Osservando il bronzo dorato intitolato De Cabeza, è impossibile non andare col pensiero a quei poveri corpi in caduta libera l’11 settembre 2001.

La serie scultorea dei Reflejo (riflessi), rappresenta delle figure che stanno in equilibrio sulla propria immagine rovesciata. Il riflesso, tuttavia, “affonda” – per così dire – per metà al di sotto della superficie del pavimento o del piedistallo, obbligando l’osservatore a uno sforzo immaginativo per visualizzare la parte occulta, un’analisi che sembra incoraggi anche una discesa nel proprio inconscio.

Collocata in uno spazio pubblico, l’opera di Javier Marín ha il potere di creare delle suggestioni che responsabilizzano l’osservatore nella scelta del punto di vista soggettivamente ottimale alla percezione dell’opera. In questo – sottolinea Alessandro Romanini nel catalogo della mostra – lo scultore crea un dialogo a tre tra l’opera, l’osservatore e lo spazio architettonico che contiene entrambi.

Curata da Christian Barragán, Simona Serini e Alessandro Romanini, la mostra è corredata da un catalogo con testi di Achille Bonito Oliva e degli stessi Romanini e Barragán, e si colloca in prospettiva con la recente esposizione delle opere di Frida Kahlo e con il percorso espositivo legato alle collezioni permanenti del MUDEC, Il sogno degli antenati. L’archeologia del Messico nell’immaginario di Frida Kahlo.

Javier Marín, Corpus
A cura di Christian Barragán e Alessandro Romanini
Dal 20 giugno al 9 settembbre 2018
MUDEC – Museo delle Culture di Milano
Via Tortona, 56

Per maggiori informazioni: MUDEC

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