Nell’ambito del programma delle monografie di artisti contemporanei, Palazzo Grassi presenta Cows by the Water, la mostra personale di Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania).
Dopo Urs Fischer, Irving Penn, Martial Raysse, Sigmar Polke e Damien Hirst, oltre 80 opere dagli anni ‘80 a oggi si propongono di tracciare un profilo dell’artista tedesco che, grazie a una ricerca in continua evoluzione dedicata al superamento dei limiti formali e alle sperimentazioni, si è affermato come uno dei protagonisti della pittura contemporanea.
Discepolo ad Amburgo di Sigmar Polke, Albert Oehlen è un artista poliedrico che spazia in diversi generi della pittura, dal figurativo al completamente astratto; dal bianco e nero al colore, al collage, con la più grande disinvoltura. Per averne un’idea adeguata in tempo record, è cosigliabile scorrere il breve brano che segue, tratto dal catalogo della mostra.
«Nel caso di Albert Oehlen – scrive Jean-Pierre Criqui, curatore al Centre Pompidou – possiamo dire che l’abbandono della figurazione alla fine degli anni ottanta del secolo scorso (le immagini torneranno più avanti nelle sue opere, ma investite di un ruolo plastico ben diverso, molto più distaccato dal significato e dal riferimento) che lo condurrà a definirsi artista “post-non-figurativo”, il ricorso al computer a partire dal 1992 (in combinazione o meno con la mano del pittore), l’espansione e la ripetizione dei metodi di collage e di montaggio, talvolta anche le decisioni apparentemente più circoscritte come quelle che riguardano l’utilizzo dei colori (la frustrazione al principio della serie dei dipinti grigi avviata nel 1997, la limitazione al nero e al rosso su fondo bianco per la serie degli Bäume [Alberi]) o le modalità di esecuzione (l’idea di rallentare al massimo i gesti) sono tutti modi per stimolare la fortunata coincidenza che trasformerà Quasimodo nel principe azzurro, il quadro miseramente limitato, già finito, in una rovina meravigliosa, mille volte più desiderabile nella sua imperfezione singolare.»
La mostra Cows by the Water, la più grande monografica dedicata in Italia ad Albert Oehlen, che prende il titolo da un quadro del 1999, Kühe beim Wasser, assente da questa esposizione, ben si fa carico di questa poliedricità, che persegue con una libertà pari a quella dell’artista nell’imbrattare le sue tele.
Qualora il lettore pensasse di scorgere una nota polemica nel verbo “imbrattare”, farebbe meglio a ricredersi. L’approccio di Oehlen nei confronti della pittura è quanto di più schietto, informale e sfrontato si possa immaginare.
Le arti figurative mancano di una musa che le rappresenti e questo Oehlen lo ha ben presente. I suoi quadri, nella loro sfacettata generalità, si legittimano a vicenda per il solo fatto di seguire un criterio e questo criterio è quello di non aderire ad alcun criterio.
Pertanto, dirò che personalmente preferisco i quadri colorati a quelli monocromi o a quelli prodotti al computer, anche se l’idea di piacere estetico, nell’arte contemporanea, è da lungo tempo un concetto giudicato inappropiato.
Ugualmente il visitatore scoprirà quanto è piacevole aggirarsi per le grandi sale ristrutturate dall’architetto giapponese Tadao Ando, al cospetto di queste grandi tele che, col passare del tempo, acquistano una loro familiarità, una ragione di essere e una collocazione, mentre progressivamente penetrano in profondità nell’universo estetico di ognuno di noi.
Albert Oehlen, Cows by the Water
80 opere dagli anni ‘80 a oggi
A cura di Caroline Bourgeois
Palazzo Grassi – Venezia
8 aprile 2018 – 6 gennaio 2019
Maggiori informazioni:
Palazzo Grassi-Punta della Dogana