
Caravaggio, “San Girolamo scrivente”, 1606. Biblioteca Ambrosiana, Sala Federiciana
L’iconografia di San Girolamo, uno dei quattro Dottori della Chiesa, risente dell’immagine che deriva da un frammento autobiografico in cui il santo rievoca le asprezze del suo periodo di penitenza nel deserto della Calcide. Seminudo, i capelli sporchi, incolti, il corpo macilento, malcelato da una tela di sacco, martoriato nelle carni dalle mortificazioni autoinflitte, il ventre gonfio, attorniato da insetti immondi e belve feroci.

Alberto Rocca, Direttore della Pinacoteca Ambrosiana
Questa situazione, riferibile nell’anagrafe agli anni della giovinezza del Santo, si riproduce consistentemente nella maniera in cui un San Girolamo già avanti negli anni, incontra un’altra immagine di sé: esegeta della Bibbia e autore della Vulgata.
Una felice circostanza ha permesso di portare questo prezioso dipinto di Caravaggio, San Girolamo Scrivente, dalla collezione di un cardinale, Scipione Borghese, inquilino dell’omonima Villa romana, alla collezione di un altro cardinale, Federico Borromeo, fondatore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana.

Biblioteca Ambrosiana, Milano.
Quest’ultima ha ceduto all’istituzione romana la Canestra di frutta di Caravaggio per una mostra sulla natura morta, ricevendone in cambio il San Girolamo esposto per tre mesi nella maestosa Sala Federiciana della Biblioteca insieme a otto disegni della collezione Ambrosiana, che documentano la tradizionale rappresentazione nell’iconografia del Santo.

Caravaggio, “San Girolamo scrivente”, 1606. Biblioteca Ambrosiana, Sala Federiciana
Milano, Pinacoteca Ambrosiana, dal 9 novembre al 19 febbraio 2017.
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